“Inquisizione Michelangelo”, il nuovo libro di Matteo Strukul.
Ho letto “Inquisizione Michelangelo” in anteprima per voi, e adesso vi dirò cosa ne penso. Prima, però, alcune informazioni utili:
Autore: Matteo Strukul
Titolo: Inquisizione Michelangelo
Editore: Newton Compton
Trama
Roma, autunno 1542. All’età di sessantasette anni, Michelangelo è richiamato ai suoi doveri: deve completare la tomba di Giulio II, opera ambiziosa ma rinviata per quasi quarant’anni. Guidobaldo II, erede dei Della Rovere, non accetterà altre scuse da parte dell’artista. Ma Michelangelo si trova nel mirino dell’Inquisizione: la sua amicizia con la bellissima Vittoria Colonna non è passata inosservata. Anzi, il cardinale Gian Pietro Carafa, capo del Sant’Uffizio, ha ordinato di far seguire la donna, con lo scopo di individuare il luogo in cui si riunisce la setta degli Spirituali, capeggiata da Reginald Pole, che propugna il ritorno alla purezza evangelica in una città in cui la vendita delle indulgenze è all’ordine del giorno.
Proprio la Roma divorata dal vizio e violata dai Lanzichenecchi sarà il teatro crudele e magnifico in cui si intrecceranno le vite di Malasorte, giovane ladra incaricata di spiare gli Spirituali, di Vittorio Corsini, Capitano dei birri della città, di Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, e dello stesso Michelangelo Buonarroti, artista tra i più geniali del suo tempo. Tormentato dai committenti, braccato dagli inquisitori, il più grande interprete della cristianità concepirà la versione finale della tomba di Giulio II in un modo che potrebbe addirittura condannarlo al rogo…
Recensione
E’ sullo sfondo di una Roma magnifica e letale che il romanzo si apre, avanza; e più si prosegue e più essa diventa il riflesso degli animi che vi si intrecciano, dei nostri protagonisti, soprattutto, Michelangelo.
Roma così immensa e palpitante, vivace e piena di colori, viva, grazie al desiderio di Michelangelo di celebrarla. Una città che ci viene presentata in tutte le sue sfaccettature, ma, in particolare, è una Roma quella che regna sovrana nella narrazione, quella dei Papi, che in pieno Cinquecento è un luogo corrotto, pieno di ipocrisie, intrighi e giochi di potere.
In tutto ciò noi esploriamo l’anima di un uomo, il campione di quella chiesa che mai era stata messa in discussione fino ad allora, né mai come allora sarebbe stata così vacillante dal suo interno: le tesi di Lutero stavano dilagando grazie all’arma più potente nelle mani dei nemici della Chiesa, la stampa, che all’interno del romanzo ritroviamo come mezzo dalla doppia sfaccettatura; al contempo il filone meno conservatore e intransigente del Vaticano, cercava di quietare gli animi evitando di sfociare nel fanatismo, di avere un dialogo con quelli che erano già considerati “eretici” per evitare che ciò che acquisirà il nome di Inquisizione Romana, prendesse piede. Il ciglio di un abisso, tutto ciò che verrà dopo è storia che ben conosciamo.
«Mentre il capitano inforcava la porta, Gian Pietro Carafa tornò verso lo scranno. Voi si accasciò, quasi fosse stato ferito da un’invisibile palla di piombo. Le braccia mollemente adagiate sui braccioli, lo sguardo abbandonato nel vuoto. La partita era cominciata. Sapeva, in cuor suo, di non potersi permettere di perderla.»
Michelangelo Buonarroti, artista fautore delle più meravigliose creazioni fatte per celebrare la chiesa, sostenuto dalla chiesa, inizia a dubitarne. Il Michelangelo che troviamo in questo libro è anziano, finanche stanco ed è attraverso lui, attraverso le sue prese di consapevolezza che affrontiamo tutta la narrazione. Egli è il perno su cui gira la storia benché ne sia in realtà spettatore per gran parte. Si ritrova ad un bivio nella sua vita, un periodo di smarrimento che riverbera in tutte le pagine.
Noi viviamo con lui questi momenti e soprattutto ne viviamo la ripresa; molto intense le sue riflessioni che portano allo stesso tempo anche il lettore a fare altrettanto. Quegli attimi di solitudine, di intenso pensiero e soprattutto di creazione sono superbi e profondi, portandoci direttamente nel suo laboratorio di fianco a lui con lo scalpello in mano. Uomo controverso, dotato di mille sfaccettature che coltiva in sé un unico desiderio: ritrovare uno scopo, ritrovare Dio in tutta quella corruzione, un ritorno alla purezza e alla verità, mentre l’ossessione per quella tomba si fa sempre più pesante ed il mondo intorno a lui pare girare al rovescio.
«Gli parve di aver scolpito un’immagine di sé, un riflesso lucente di quel che avrebbe potuto diventare, o, meglio, una proiezione di ciò che davvero avrebbe voluto essere. Avrebbe voluto conoscere quali fossero i pensieri di Mosè, quel Mosè che tanto gli somigliava e che pure era migliore di lui perché aveva saputo allontanare lo sguardo da idoli e miraggi.»
Non di meno gli altri personaggi echeggiano di una vita e di una realtà straordinaria, incastrandosi perfettamente nella trama della narrazione e soprattutto nella vita del nostro protagonista. Primi fra tutti: Vittoria Colonna, che noi osserviamo soprattutto attraverso lo sguardo di Michelangelo e la piccola Malasorte, che al contrario ha un punto di vista narrativo tutto suo. I suoi occhi verdi inchiodano anche il più distratto dei lettori.
«Anche quel giorno Vittoria Colonna era semplicemente magnifica. […] Michelangelo era soggiogato da quella bellezza riflessiva e intelligente, che era ancor prima spirituale che fisica. Quando trascorreva il proprio tempo con lei avvertiva una forza interiore travolgente, avrebbe potuto incendiare il cuore di qualsiasi interlocutore.»
Non posso non fare un cenno al Cardinal Carafa, altro personaggio a cui l’autore ha dato un punto di vista, ovviamente a ragione, per la sua importanza narrativa e storica. Un uomo ancorato nelle sue convinzioni, che aberra il cambiamento, troppo pericoloso, troppo nefasto, che distruggerebbe la chiesa così come era diventata.
La scrittura dell’autore è attenta e minuziosa, magistrale in alcuni passaggi. La costruzione della narrazione procede senza sbavature, rendendo il libro interessante anche a chi non è avvezzo del genere. Condivido e apprezzo la scelta del periodo storico e soprattutto del periodo della vita di Michelangelo, che come afferma Strukul nelle note finali, è un momento “poco frequentato dai romanzieri”. Il lavoro intenso di studio e preparazione per la stesura di quest’opera si sente ed è eccellente.
Dunque è un libro che consiglio, che si lascia leggere con molto piacere, con ritmo, catapultandoti nella Roma del 1500 ed emozionandoti.
Beatrice Ferrari
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