Eccoci qui, a parlare di una “malattia” che affligge moltissime persone. Ma proprio tante. La cosa buffa, se vogliamo definirla così, è che non si è consapevoli di essere ipocondriaci.
Si preferisce dire di essere solo molto attenti alla propria salute. In parte potrebbe essere un atteggiamento davvero positivo. In parte no.
Innanzitutto il primo elemento da considerare è che internet non è nostro amico, quando stiamo male. Con l’avvento dei motori di ricerca, in parallelo è avvenuto uno strano fenomeno: la nascita di figure professioniste del settore medico, in possesso di un’elevata competenza in lettura dei bugiardini e riconoscimento dei sintomi, anche i più disparati. C’è solo un piccolo dettaglio, ovvero l’assenza di una laurea in Medicina e successiva specializzazione, ma cosa vuoi che sia?
Chi meglio di noi stessi riesce a capire il proprio corpo?
Primo errore. Un sintomo non è necessariamente un segno chiaro di una specifica malattia, ma potrebbe potenzialmente essere il segno di diecimila patologie cliniche diverse.
Cosa c’entra con l’ipocondria? Ecco, l’ipocondriaco è quella persona convinta che un mal di testa da eccessivo tempo davanti al computer possa comportare a lungo andare al tumore. O che se qualcuno della casa affianco starnutisce, i germi possano passare attraverso porte e finestre chiuse e infettarlo.
Gli ipocondriaci affrontano la vita in costante ansia di ammalarsi. E quando si ammalano, questa ansia viene potenziata, avviando il famigerato circolo vizioso dell’ansia secondo cui l’evento ansioso potenzia l’ansia stessa, con il meccanismo della profezia che si auto-avvera.
Qualcuno potrebbe far presente che preoccuparsi della propria salute possa essere un comportamento giudizioso.
Secondo errore. Gli ipocondriaci tendano a non ascoltare il parere del medico, perché hanno paura di vedere confermate le loro paure. Secondo loro basta la ferrea vigilanza sui loro “parametri vitali” per essere a posto e protetti dalle malattie.
In realtà spesso si traduce in una riduzione della vita sociale, per paura dei malvagi microbi che la gente si trascina dietro o perché semplicemente si sente a disagio in un gruppo di gente che ha comportamenti rischiosi, come per esempio sedersi su una panchina (che sì sa, è piena di germi).
Ci sono diverse forme di ipocondria, come potete immaginare. Si spazia da quelle lievi, in cui magari si presta più attenzione alle norme igieniche (che non fa mai male), a quelle gravi, in cui uscire ed entrare in relazione con le altre persone diventa proibitivo per i motivi prima spiegati. Una vera e propria fobia.
Come combatterla? Questa sì che è una bella domanda.
Come tutti gli schemi mentali rigidi, anche questo va innanzitutto considerato come tale. Bisogna prendere coscienza che la normale preoccupazione per la salute possa essere spropositata. Vigilare è bene, ma vigilare rilassati è meglio. Bisogna valutare attentamente perché si arriva a pensare in modo così esagerato e, con la sola forza di volontà, cercare di ridurre l’ansia.
Mi direte che è impossibile. No, non lo è. È esattamente il tipo di lavoro che potreste fare da soli, oppure con l’aiuto di uno psicologo. Nessun trucco da Jedi, nessuna pozione magica, semplicemente la forza della vostra bellissima mente, che combatte le sue paure e le sue stesse debolezze di pensiero. A volte potreste avere bisogno di una guida, ma solo per il tempo necessario a capire la strada. Per il resto, siete voi stessi contro voi stessi.
Difficile, vero? Ma non è impossibile.
Per altri trucchi Jedi da psicologo, ci vediamo al prossimo appuntamento!
Isabella

Tratto Rosa, dal 2015, è sinonimo di impegno e qualità editoriale. L’obiettivo è creare contenuti che riflettano una vasta gamma di interessi e passioni.